mercoledì 21 gennaio 2009

Il Mago. 2° puntata.
Ma non avevo mai visto una magia come quella di Sorbòne.
Arrivò da me una sera strana, senza pioggia, con un vento caldo e viola striato d'arancio. Doveva essere il vento che viene da Ovest. Era la prima volta che vedevo Sorbòne. E non sapevo che fosse lui.
- Buonasera - sussurrò.
La sua voce era un incantesimo.
- Viaggio da molti giorni... Sono forestiero... Avrei bisogno..... - e lasciò una pausa più lunga delle altre.
Rimanemmo ad ascoltare per alcuni attimi le foglie del bosco. Era, quello, il momento della sera in cui la luce si allontana sottile, e l'oscurità comincia ad appoggiarsi sui rami.
- Oh... bè, sì... certo, accomodatevi...
Gli dissi di entrare così, nemmeno chiedendogli chi fosse e come mai stesse vagando nel bosco. Avevo intuito quello che mi stava chiedendo anche se lui non aveva ritenuto necessario finire la frase.


Sorbòne aveva addosso una pelliccia d'orso baribàl cucita male e, sotto, un abito che gli arrivava fino ai piedi, e un cappuccio che gli copriva la testa e la fronte, fino alle sopracciglia.
Due grandi sopracciglia. Rimanevano visibili le sopracciglia e gli occhi. Ma non erano occhi di un vecchio. In seguito avrei imparato che erano gli occhi di Sorbòne.
Tutto era antico in lui: la pelle, i capelli che portava lunghissssssimi e raccolti in una treccia, le labbra, le mani, le unghie dure e ingiallite.
Ma gli occhi erano accesi come la brace che rimane quando si spegne un fuoco.
Ambra era il colore delle sue sopracciglia e dei suoi capelli.
E, sotto, brillavano i suoi occhi.
- Vogliate perdonarmi, signore, poichè la mia casa è molto umile, e quello che posso offrirvi è un giaciglio di fortuna...
- La vostra casa è perfetta...
- ...io stesso dormo sempre nel cassetto di questo mobile...
- ...ho già trovato quello che fa per me.
Lo vidi, allora, trasformarsi in un piccolo gatto selvatico e accoccolarsi nella cesta che un tempo era di Capomèdio, la mia lepre.
Si addormentò in pochi minuti. Si svegliò dopo che il sole era tramontato quarantacinque volte. Ed io per quarantaquattro giorni lo vegliai, ipnotizzato. Poi mi venne sonno.
Mi ero appena addormentato nel mio cassetto quando Sorbòne si svegliò. Si svegliò di sera. Una sera strana e senza pioggia, con un vento caldo e viola, striato d'arancio.
Sì, doveva essere il vento che viene da Ovest.

lunedì 12 gennaio 2009

Il Mago.

Al LaVoratorio abbiamo iniziato il progetto La Casa: Dalla Caverna alla Casa sull'Albero. Dai trulli alla yurta mongola, dalla casa di bambola a quella giapponese, dalla palafitta al grattacielo... un viaggio per realizzare pitture rupestri, la carta, paesi di cristallo.
La prima casa che abbiamo costruito è stata ovviamente la caverna; i bambini si sono sbizzarriti nell'aggiungere animali preistorici, neve (finta), alberelli...
Poi abbiamo continuato con la casa sull'albero e le capanne; sono venute veramente bene.
Poi è successo un fatto: per calmare i miei pargoli in uno di quei momenti di massima agitazione che chi frequenta un po' i bambini conosce bene (ma è abbastanza essere genitori per capire a cosa mi riferisco) e non volendo incorrere in qualche sanzione di tipo penale (parlo per me) ho cominciato a raccontare loro una fiaba.......
Mi è venuta in mente la favola di Baba Yaga, sapete, quell'orchessa di cui si racconta nelle campagne russe.... Bè, com'è come non è, i miei demonietti sono rimasti a bocca aperta.
"Ok" mi sono detta, "adesso che ho fatto un po' di silenzio ricominciamo a lavorare".
Nooo! Mi hanno chiesto di ripeterla un'altra volta! Erano affascinati da questa strega che mangia i bambini e che vive in un'isba poggiata su quattro zampe di gallina! Almeno questo era quello che credevo...
Quando l'ho finita hanno voluto che la ripetessi. Ho detto: -Ancora?!- Sì perchè tu racconti con un modo così........... bello! - Adoro i miei monelli.
Bè, tanto per cominciare, la prossima volta costruiremo la casa di Baba Yaga.
E poi ho deciso di raccontare anche a voi una favola. Inventata da me.
Il Mago.
Mi ricordo quando Apogèo, il mago, creò i milleduecentoventi abiti per le milleduecentoventi principesse del Regno di Amaranto. Li ricamò con la sabbia ambrata che prese da Oriente, che è la più dolce e luminosa. Poi li decorò con mille e mille ali di fagiani argentati. Trasformò il vento trasparente della sera in pietre preziose e le usò come bottoni.
Inventò un abito color pavone, un altro color "aroma di muschio", un altro lo tinse nel Mare di Diaspro...
E mi ricordo anche quando Astabàrte trasformò i trecento orologi d'oro di Re Fenelòn in trecento navi volanti da combattimento. Trecento navi di legno di acero verde, e ognuna era sorretta da sette invisibili ali di ape per parte, così che nessuno tra i nemici riuscì a capire mai come facessero ad alzarsi in volo. Re Fenelòn vinse sempre tutte le battaglie e Astabàrte fece molte magie ancora.
Ho visto anche Abelange, la maga, trasformare tutti i diamanti della regina Fenoaltèa in gocce di pioggia. Una pioggia di sessantacinque giorni che salvò tutta la regione di Coo dalla carestia.
La regione di Coo fu salva e Fenoaltèa ogni sessantacinque anni fa ancora dono ad Abelànge, la maga, di sessantacinque cappelli a punta.
Poi ricordo Ori, il mago di Flemma, che viveva in un bozzolo su di un papavero. Venne chiamato da Flabello, il re vanitoso di Gelì, per farsi costruire una torre che fosse la più alta di tutte quelle di Gelì. Perchè a Gelì c'erano tante torri, ogni abitante aveva la sua: chi se l'era costruita con terriccio morbido, chi di nocciole caramellate, chi di molliche di pane, chi di legno di salice. E un re che si rispetti deve avere la torre più alta.
Così Ori radunò tutti gli insetti di Gelì e ordinò loro che rosicchiassero e mangiassero e succhiassero tutto il terriccio morbido e le nocciole caramellate e le molliche di pane e il legno di salice, fino ad arrivare a un metro da terra.
Al centro di Gelì costruì una torre alta un metro e mezzo, tutta di piume di struzzo. per Flabello.
Non ho dimenticato neanche Eliedèera. Le sue mani avevano i palmi più rosati tra tutti quelli delle altre maghe e i suoi occhi non vedevano, perchè non ne aveva bisogno. Quando la tartaruga gigante del figlio del Re Galippe si capovolse e nessuno riusciva più a girarla, Eliedèera fece crescere sotto di lei un enorme baobab, così bastò che la tartaruga, una volta sollevata, scendesse da sola, facendo ben attenzione a dove metteva i piedi.
Ma non avevo ancora visto una magia come quella di Sorbòne...
E di questo vi racconterò la prossima volta.